mercoledì 25 luglio 2007

Libano: muore di tumore ufficiale "San Marco"

Il capitano di fregata Stefano Cappellaro, 46 anni, comandante del Battaglione Grado del reggimento San Marco e veterano di tante missioni all' estero, l'ultima della quale in Libano, e' morto la notte scorsa per un tumore.

Cappellaro, originario di Venezia, e' deceduto a Brindisi - sede del 'San Marco' - in seguito a una malattia che si e' manifestata dopo il suo ritorno dal Libano, dove l'ufficiale ha partecipato alla fase iniziale dell'operazione Leonte, da settembre a novembre 2006.

Il battaglione comandato da Cappellaro aveva come base Marakah, la localita' libanese oggetto anche di una interpellanza parlamentare per i presunti rischi alla salute dei militari per la vicinanza di una ex discarica.

Rischi, pero', che i sopralluoghi compiuti dal personale specializzato avrebbero escluso.Un altro militare italiano reduce dal Libano, un paracadutista, e' stato di recente rimpatriato dopo che gli era stato diagnosticato un tumore: in questo caso si e' parlato di presunta contaminazione da uranio impoverito, anche se la causa della malattia non e' stata accertata.

Tuttavia, quello del para' (attualmente ricoverato in Italia), non sarebbe un caso isolato: anche altri militari che hanno partecipato alla missione in Libano, proprio del reggimento San Marco, sarebbero attualmente in cura per forme tumorali e problemi alla tiroide.

Il capitano di fregata Cappellaro, che lascia la moglie e due figlie, era un ufficiale di grande esperienza (decorato anche con croce di bronzo al merito) e con all'attivo le missioni piu' delicate, dalla Somalia all'Albania, dal Kosovo all'Iraq.

I funerali sono in programma per domani; la camera ardente e' stata allestita nella caserma 'Carlotto' di Brindisi.(

sabato 21 luglio 2007

Uranio. Accame: indennizzi da zero euro a 2 soldati deceduti

TRATTAMENTO INDECOROSO E INACCETTABILE. INTERVENGA NAPOLITANO.

Roma, 21 lug. - "La notizia è che sono stati stabiliti indennizzi di zero euro per due militari, Gianni F. e Maurizio S., deceduti per possibile contaminazione da uranio impoverito. Questa decisione è ancora più drastica di quella dell'indennizzo di 250 euro al mese stabilito per i familiari dei militari deceduti: Valery M. e Fabio Porru e l'indennizzo di 17.000 euro per i genitori di Valerio C. Un trattamento veramente indecoroso e inaccettabile". Lo dice Falco Accame, presidente dell'associazione delle vittime in divisa e dei loro familiari (Anavafaf)

Per i militari deceduti effettuando il proprio dovere, "si chiede l'intervento del Presidente della Repubblica come Capo delle Forze Armate", dice Accame, visto che "a nulla sono valsi i numerosi appelli avanzati dall'Ana-Vafaf al ministro della Difesa e al Presidente del Consiglio. E' così che ci prendiamo cura dei 'nostri ragazzi' e dei loro familiari?" In tutto ciò, prosegue Accame, "altri casi di militari che si sono ammalati nei poligoni: Alessandro G. (Mantova), Ugo P. (Siena), Fabio C. (Lamezia Terme), Giuseppe P. (Cagliari)". Tra l'altro, prosegue, "personale non addetto alla sgombero dei poligoni (che è un compito pertinente a personale specializzato) è stato impiegato, e per di più a mani nude, a maneggiare proiettili inesplosi e residuati bellici che possono rappresentare gravi rischi". E, ad oggi, "non è stata nemmeno promossa una inchiesta per stabilire chi ha impartito a personale non specializzato un compito così rischioso e non spettante- prosegue Accame- è auspicabile che anche la commissione di inchiesta del Senato faccia luce su quanto accaduto e intervenga nei modi opportuni".

Tra l'altro, "esistono trattamenti diversissimi per le vittime del dovere che vanno da indennizzi di circa 1 miliardo di vecchie lire a indennizzi zero- conclude il presidente dell'Ana-vafaf- anche il trattamento di pensione oscilla tra i 258 euro sopra menzionati e i 1.600. Non debbono esservi differenze tra vittime del dovere e certo non esistono tra i militari vittime 'del piacere'".

giovedì 19 luglio 2007

Sindrome dei Balcani: Duranti interroga Parisi

Al Ministro del Difesa, per sapere – premesso che:

la legge 206 del 2004 e il D.P.R. 243 del 07/07/2006 prevedono l’estensione dei benefici previsti per le vittime del dovere e della criminalità organizzata anche per i militari colpiti presumibilmente dalla cosiddetta “Sindrome dei Balcani”;

all’atto della presentazione della domanda da parte degli aventi diritto ai benefici delle normative succitate, la Divisione di Previmil del Ministero della Difesa, avvia una pratica istruttoria tesa a stabilire il grado di invalidità provocato dalla patologia per la quale si richiedono i benefici ai sensi del art. 5 comma 1 del DPR 243/07;

contestualmente viene anche stabilita la percentualizzazione del danno biologico ai sensi dell’art. 5 comma 2 del DPR 243/07;

le tabelle in base alle quali vengono stabiliti i predetti valori sono rispettivamente quella approvata dal Ministero della Sanità in data 05 febbraio 1992 e pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26/02/1992 e quella approvata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale in data 12 luglio 2000 e pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25/07/2000;

il giorno 18/01/2007 l’ex Caporal Maggiore Scelto Paolo DI BENEDETTO nato a Castellaneta il 20/05/1974, ha presentato domanda per la concessione dei benefici di cui sopra, in seguito ad un carcinoma papillifero contratto presumibilmente durante le missioni effettuate negli anni 1996, 1997 e 2000 rispettivamente nei territori della Bosnia Herzegovina e del Kosovo e per cui ha già ottenuto il riconoscimento di causa di servizio nel maggio 2005;

all’atto della valutazione da parte della C.M.O. di Taranto del suo grado di invalidità, nonostante avesse subito una tiroidectomia totale, è stato stabilito che questa fosse pari al 30%;

dagli atti risulta che la Divisione di Previmil abbia omesso la richiesta alla C.M.O. di Taranto, atta a stabilire anche la percentuale del danno biologico;

la sua pratica ad oggi non risulta ancora evasa in quanto, per quanto espresso al punto precedente, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, che ha il compito di valutare se la patologia per la quale si richiedono i benefici sia stata presa in particolari contesti e condizioni, ha ritenuto che la pratica risultasse incompleta.

se il Ministro ritenga opportuno (oltre a prevedere standard operativi più efficaci e veloci nell’assegnazione dei benefici) operare una verifica dell’efficacia delle predette tabelle in quanto presumibilmente insufficienti a stabilire differenze come i danni di carattere biologico (non sottovalutando i disturbi di carattere esistenziale), e le eventuali invalidità provocati da una tiroidectomia causata da una neoplasia e quelli provocati da una disfunzione tiroidea nonostante trovi risoluzione nello stesso tipo di intervento, e verificare le ragioni, per il caso specifico riportato in premessa, che hanno indotto la Divisione di Previmil ad omettere la richiesta presso la competente C.M.O. di Taranto, della percentualizzazione del danno biologico, che ha provocato la fase di stallo della pratica dell’ex graduato in questione;

Roma 17/07/2007 On. Donatella Duranti

Calcagni al Cocer: tutelare le vittime del dovere

LECCE – Nella “Scuola di Cavalleria” di Lecce una delegazione del Consiglio centrale di rappresentanza (Cocer) dell’Esercito ha ascoltato stamani un militare che sarebbe rimasto contaminato dal contatto con uranio impoverito in missioni all’estero. È la prima audizione del genere ed è stata disposta dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Filiberto Cecchi.
Per oltre quattro ore il Cocer ha ascoltato il racconto del capitano dell’Esercito Carlo Calcagni, di 39 anni, di Guagnano (Lecce). Calcagni è stato capitano elicotterista e istruttore di volo a Viterbo, e dal marzo 2006 è effettivo alla “Scuola Cavalleria” di Lecce.

Per il militare salentino sarebbe risultata fatale la missione in Bosnia del 1996. I primi sintomi dell’insorgere della neoplasia sono stati avvertiti nel 2002 e da allora è iniziata una battaglia per il riconoscimento dei diritti previsti dalla legge.

«Sono soddisfatto – ha dichiarato Calcagni al termine dell’audizione – come rappresentante delle vittime e degli ammalati da uranio impoverito posso dire che abbiamo raggiunto un traguardo importante. Questa audizione del Cocer rappresenta una pietra miliare che servirà da apripista per non cadere più nelle mani di chi è pronto a speculare sulle disgrazie altrui». «L'attenzione del Cocer – ha concluso – dimostra la volontà di fare luce e di venire incontro a noi vittime del dovere».

sabato 14 luglio 2007

Il Cocer Esercito ascolta il capitano Carlo Calcagni

Mercoledì 18 luglio alle ore 10.00, presso la Scuola Cavalleria di Lecce, una delegazione del Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dell'Esercito ascolterà, in una formale audizione, il Capitano Carlo Calcagni, militare vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito.

Lo rende noto lo stesso militare attraverso il sito Vittimeuranio.com. Calcagni, 38 anni di Guagnano (Lecce), capitano elicotterista dell'Esercito, è affetto da neoplasia in seguito ad una missione in Bosnia nel 1995 dove entra in contatto con la sostanza incriminata.

"Finalmente qualcuno mi ascolterà" dice Calcagni. "Sono soddisfatto - aggiunge - dell'interesse che la Forza Armata sta dimostrando nei miei riguardi e di tutti coloro, che come me, si trovano in situazioni difficoltose, e che, in balia delle onde, vengono pescati da personaggi che speculano sui nostri problemi".

"Ci sono le leggi - continua il Capitano - che tutelano noi "Vittime del dovere", ed oggi più che mai i dubbi sulla legge 206 del 2004 sono stati chiariti, inequivocabilmente, ma è altresì necessario che le nostre pratiche abbiano priorità assoluta in modo che contemporaneamente si garantisca una vita dignitosa a noi servitori dello Stato e si tolga la possibilità a personaggi senza scrupoli di speculare sulle disgrazie altrui".

"Il COCER Esercito del X mandato - afferma il delegato Luca Tartaglione - in armonia con lo Stato Maggiore dell’Esercito, “scende in campo” a tutela dei propri soldati e rispettive famiglie colpite da oncopatologie, conscio, come non mai, della necessità di porre in essere azioni e progetti finalizzati a garantire la massima assistenza sanitaria, sociale e previdenziale al personale militare".

giovedì 12 luglio 2007

Falco Accame denuncia il silenzio sul militare italiano rimpatriato dal Libano

Perche' sul caso del giovane paracadutista italiano tornato dal Libano il 2 giugno scorso, gravemente malato di tumore, 'e' caduta una cosi' fitta cortina di silenzio?'. Lo chiede Falco Accame, presidente dell'Anavaf, un'associazione che tutela i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate.

Secondo Accame questo silenzio e' 'inaccettabile' perche' 'i cittadini in ansia per lui hanno diritto almeno di sapere come sta e, in particolare, hanno diritto di sapere come stanno gli altri paracadutisti che sono in Libano'.

'L'Anavafaf, che ha sollevato il caso - prosegue Accame - chiede al ministro della Difesa di fornire notizie. Vuole sapere se il militare, nel corso della missione in Libano e nel corso delle precedenti missioni effettuate, ha ottemperato alle norme di sicurezza per la protezione dall'uranio impoverito, oppure se ha operato senza misure di protezione'.

sabato 7 luglio 2007

Domenica 8 luglio ore 22.15 - Speciale Uranio su 8 Video Calabria

Caro Francesco,
finalmente lo speciale a cui stavo lavorando è pronto! Domani sera alle ore 22.15 andrà in onda sulla rete per cui lavoro, 8 Video Calabria. Mi sono permessa di inserirti nei titoli di coda per i ringraziamenti.

Se vuoi potrai vederlo in diretta su internet collegandoti all'indirizzo www.videocalabria.tv e cliccando in basso a sinistra su web tv live.

Grazie ancora per l'aiuto che anche attraverso il tuo sito ho ricevuto da te.

A presto
Francesca Caiazzo

venerdì 6 luglio 2007

La morte di Emanuele Pecoraro simile a molte altre. Le condoglianze alla famiglia

Il caso della morte del Paracadutista Emanuele Pecoraro richiama quello della recente morte del Paracadutista Aniello D’Alessandro di stanza a Livorno, che è deceduto in un brevissimo lasso di tempo.

Il D’Alessandro, che aveva eseguito un lancio il giorno prima di recarsi in Campania per assistere il padre, in pochi giorni si ammalò gravemente ed è deceduto. Anch’egli aveva eseguito missioni all’estero e quindi è possibile che sia stato esposto a uranio impoverito.

E’ importante che i Comandi forniscano, sollecitamente, tutti i dati necessari per appurare le destinazioni di impiego del personale. Per intanto l’ANAVAFAF porge le sue più sentite condoglianze ai familiari e si mette a disposizione per quanto è nelle sue possibilità di fare.

giovedì 5 luglio 2007

I funerali del giovane parà

Udine - Si sono svolti nel cimitero di San Vito i funerali del giovane caporal maggiore dei paracadutisti Emanuele Pecoraro, morto al Cro di Aviano in pochissimo tempo per un tumore che non gli ha lasciato scampo.

Accanto ai parenti, molti commilitoni giunti in corriera da Legnano e Pisa per rendere omaggio al loro compagno. Sotto la pioggia sono scattati sull'attenti al passaggio della bara, a testimoniare la loro vicinanza ai genitori, alla sorella e llla fidanzata con cui aveva dovuto rinviare il matrimonio. Non calano però le polemiche su questa morte di un soldato che aveva svolto diverse missioni all'estero. In serata l'onorevole Ballaman ha sottolineato come siano ormai 50 i casi sospetti di cui l'uranio impoverito è il principale accusato. (dal Gazzettino)

I dati dai distretti militari vanno acquisiti in modo selettivo

L’iniziativa di utilizzare la Polizia Giudiziaria può essere sicuramente valida, ma deve essere applicata in modo mirato, cioè selettivo. La richiesta di dati su documenti matricolari e documentazione medica custodita nei distretti (ma anche nei dipartimenti marittimi) per un arco di tempo di 10 anni implicherebbe per il solo distretto di Roma la consultazione di oltre 500.000 documenti. Si può immaginare la cifra astronomica che si raggiungerebbe estendendo la ricerca a tutti i distretti e dipartimenti d’Italia.

Probabilmente, solo per Roma, con 10 addetti ai lavori ipotizzando un quarto d’ora per ogni documento occorrerebbe un tempo dell’ordine di 15 anni.
Ciò che probabilmente bisognerebbe fare è di selezionare i casi sospetti, ad esempio individuando presso la direzione del personale della Difesa le domande avanzate per l’ottenimento della causa di servizio in relazione a patologie che possono essere ricondotte a quelle derivanti dalla contaminazione da uranio impoverito, una cifra che probabilmente non supera in tutta Italia i 2.000 casi. E si potrebbe partire dai circa 500 casi nominativi conosciuti dalla Commissione di Inchiesta del Senato che ne ha dichiarati all’incirca 515 tra i malati, 50 casi di morte nominativi per possibile contaminazione che sono stati dichiarati dall’Ana-Vafaf nel Libro Nero.

Procedendo in questo modo si paga naturalmente il prezzo di una riduzione artificiale del numero dei dati, ma almeno si può procedere sollecitamente dato che si conoscono i singoli nominativi e ciò facilita enormemente la ricerca dei documenti negli archivi dei distretti e dipartimenti e riduce drasticamente i tempi occorrenti per l’analisi dei dati.
Peraltro la ricerca non deve illudersi di poter pervenire a dati completi, anche se contribuirà ad aumentare le conoscenze.

Infatti nei documenti caratteristici purtroppo, nella gran maggioranza, non vengono registrate tutte le destinazioni ricoperte e le missioni effettuate dal personale. E’ stata riscontrata ad esempio in passato la non-annotazione in alcuni fogli matricolari di personale ammalato delle missioni che avevano compiuto nei poligoni, dato che, ovviamente, è assai rilevante. Anche per quanto concerne i dati sanitari potremmo non trovarvi annotati i tipi di patologia riscontrati, ma solo piuttosto dati amministrativi come date di ricovero in strutture sanitarie e decisioni circa le condizioni di salute (idoneità al servizio, non idoneità, riforma, convalescenza).

E’ bene tener presente che per quanto riguarda le possibili contaminazioni da uranio impoverito attribuibili a per amenza all’estero i primi dati si riferiscono al 91, guerra del Golfo, poi al 93, operazione Restore Hope in Somalia, teatro in cui tra l’altro l’Italia disponeva di una dotazione di armi all’uranio, e successivamente ai Balcani. Per quanto riguarda i poligoni i primi dati possono farsi risalire alla seconda metà degli anni 70, data dalla quale è possibile che siano state eseguite sperimentazioni di queste armi specie da ditte straniere produttrici (purtroppo già si è evidenziata l’estrema difficoltà a ricevere dati su queste sperimentazioni).

Una serie di altri possibili utilizzi della Polizia Giudiziaria per prelievo di dati importanti è stato segnalato dall’Ana-Vafaf alla Commissione di Inchiesta del Senato.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf

Accame al Pm di Bari: violata la legge sulla sicurezza sul lavaro. Presentato l'esposto

BARI - Le misure di protezione per i militari italiani esposti alle radiazioni dell'uranio impoverito 'avrebbero potuto e dovuto essere adottate ben prima della loro emanazione da parte del comando italiano della Folgore l'8 maggio 2000, ed anche prima della emanazione, il 22 novembre 1999, di norme per i reparti operanti nei Balcani'.

Lo sostiene in un esposto inviato alla procura di Bari Falco Accame, presidente dell'Ana-Vafaf, l'associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate dalle Forze armate.
Riferendosi all'inchiesta della procura di Bari su casi di leucemie e tumori (anche mortali) contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999), Accame spiega che, anche in campo militare, come ha gia' sancito la Corte Costituzionale, andava e va applicata la normativa italiana antinfortunistica prevista dalle legge 626 del 1994, oltre alla legge 230 del 1995 sulla radioprotezione.

'Il regolamento di disciplina - dice riferendosi alla 626 - impone ai comandanti di adottare tutte le misure di protezione possibili per i propri dipendenti'.

Nell'esposto, che si compone di numerosi allegati, Accame invita anche il pm inquirente, Ciro Angelillis, ad esaminare attentamente le disposizioni Nato del 1984, quelle Usa messe in atto in Somalia nel '93, le disposizioni di Saceur del '96, le norme Nato del primo luglio 1999.

mercoledì 4 luglio 2007

Uranio Impoverito: speciale dell'Asg Media sul nostro blog

Uno speciale sull'uranio impoverito, partendo dagli ultimi casi denunciati nel "Libro Nero", è stato realizzato dalla nuova agenzia di stampa e service editoriali Asg Media, diretta da Tommaso Della Longa.

VAI ALLO SPECIALE

martedì 3 luglio 2007

"Uranio o no, lo Stato riconosca noi vittime"

Ho sempre seguito con attenzione tutti gli sviluppi delle Commissioni parlamentari che si sono avvicendate in questi anni e con trepidante attesa mi sono sempre aspettato una presa di coscienza del problema da parte delle istituzioni.

Concordo(in parte)con chi sostiene che non si può scientificamente provare un nesso tra uranio impoverito e i problemi dei quali stiamo discutendo. Ma facciamo finta, per un attimo, che l’uranio impoverito non abbia nessuna colpa, che gli Stati Maggiori che ci hanno mandato laggiù davvero non hanno tralasciato nulla e che abbiano agito nel migliore dei modi, che tutti insomma abbiano fatto il loro dovere.

Cosa resta? Resta un numero di ragazzi morti o ammalati (con una percentuale sproporzionatamente più elevata dei loro coetanei), ragazzi che in comune tra loro non hanno nulla se non le stesse malattie e il fatto di aver prestato il loro servizio allo Stato, oltre i confini dello Stato stesso.

A mio modesto parere, le Commissioni parlamentari dovrebbero si ricercare la causa di questa “epidemia” ed eventualmente perseguire i responsabili, ma prima di tutto dovrebbero riconoscere incontrovertibilmente che qualcosa a questi ragazzi qualcosa è successo, riconoscere che, al di la dell’uranio impoverito, queste persone continuano ad ammalarsi e a morire. E’ questo che bisogna fare subito, ridare dignità a queste persone, perché ogni giorno che passa potrebbe essere troppo tardi per qualcuno.

Indipendentemente dall’assassino, bisogna riconoscere che la vittima c’è. Quando un soldato muore sul campo non ci si chiede chi l’ha ucciso, è morto. Questo dovrebbe bastare ad uno Stato serio, ad uno Stato degno di questo nome a rendere a quel soldato il giusto merito, gli onori e la dignità che gli competono, altrimenti quel soldato è stato ucciso due volte, una volta dal nemico e un’altra dai colori di quella bandiera che porta cucita sul braccio e che tanto fieramente difendeva.

Chi scrive fa parte di questi ragazzi che ogni giorno si ammalano. Ho servito lo Stato e la Forza Armata per 20 anni, facendo il mio dovere, credendo in ciò che facevo e sacrificando la mia famiglia. Mi sono ammalato un mese fa e quello Stato che tanto orgogliosamente ho rappresentato, oggi è in grado di dire solo: mi dispiace, non c’è nessun nesso con l’uranio impoverito!

Arrivederci e grazie.

Mi sento davvero come un limone spremuto, buttato via e calpestato.

Alessandro De Caroli

domenica 1 luglio 2007

Malato di leucemia carabiniere reduce dall'Iraq

(ANSA) - ROMA, 1 LUG - Un altro militare malato per presunta contaminazione da uranio impoverito. Questa volta si tratterebbe di un sottufficiale dei carabinieri, al quale e' stata diagnosticata nei mesi scorsi una forma di leucemia. Lo afferma lo stesso carabiniere al sito www.vittimeuranio.com.

La malattia e' emersa nel corso delle analisi del sangue periodiche cui il sottufficiale e' stato sottoposto insieme ad altri reduci dall'Iraq. Proprio in Iraq il militare ha compiuto una missione di quattro mesi e mezzo, terminata due anni fa.

'Al momento - ha spiegato il carabiniere - sono in convalescenza. Ho avviato le pratiche per il riconoscimento della causa di servizio e sono in attesa di risposta'.

Secondo i dati del 'Libro Nero' sull'uranio, curato dall'associazione Anavafaf, in collaborazione con lo stesso portale, sarebbero 50 i militari morti in seguito alla possibile contaminazione. (ANSA).

>>> La situazione in Iraq. Nel Sud in un anno aumentati del 20% tumori e leucemie

"Io vittima, preso in giro dalle Istituzioni"

Innanzi tutto desidero congratularmi per la pubblicazione di questo sito che per me rappresenta un modo serio per parlare di un argomento serio come l'uranio.

Io sono un contaminato e 5 anni fa ho perso la tiroide a causa di un carcinoma papillifero. Ho prestato servizio in Bosnia e in Kosovo e fino ad ora sono solo stato preso in giro dalle istituzioni, ultimo caso quello del D.P.R. 243/06 che rappresenta una vergogna e una mancanza di rispetto per gli ammalati e i morti. (La legge in questione -n.d.r.- è quella che vincola lo status di "vittima del dovere" al riconoscimento della causa di servizio, che spesso non viene data).

Ciò che non riesco a capire (o che non voglio capire) e come mai quando si parla di uranio lo si fa solo in maniera marginale senza arrivare mai alla radice. Adesso cosa centra il censimento su chi ha prestato servizio all'estero?

Ci sono già dei morti e degli ammalati. Monitoriamo e valutiamo questi casi con i mezzi che la scienza ci offre e poi si vedrà. Penso che anche in questo caso ci si trovi di fronte ad un'azione di depistaggio da parte di chi vuole che non si faccia chiarezza. Sono Stufo.

Paolo Di Benedetto

ciao Paolo, sono nella tua stessa situazione (ma la tiroide me l'hanno tolta solo un mese fa... naturalmente sempre carcinoma papillare in seguito a missioni in Bosnia e Kosovo). A te hanno riconosciuto la causa di servizio?
Alessandro De Caroli