lunedì 30 marzo 2009

TORNARE AI CAMPI – IL SUGGERIMENTO DEL MINISTRO ZAIA VALE ANCHE PER LE SUPERIORI AUTORITA’ MILITARI

Il Ministro Zaia ha recentemente ripreso il suggerimento del Commissario Europeo Fischer Boel (di cui si legge su Il Corriere della Sera del 21 marzo 2009) che prevede che l’euro burocrate faccia degli stage nei campi. Il suggerimento ha una valenza anche per quanto riguarda le superiori autorità militari, che specie da quando è stata eliminata la leva sono sempre più lontane dalla base militare e dalle caserme.

Di questa distanza dai problemi della base, che non sono stati intesi a livello di vertice delle Forze Armate, è una prova quanto è accaduto per gli ammalati per possibile contaminazione da uranio impoverito. Per il vertice delle Forze Armate si è parlato di 37 casi di morte nell’ottobre 2007 (dichiarazione del Ministro della Difesa pro tempore, Arturo Parisi, alla Commissione di Inchiesta al Senato) e nel dicembre del doppio, cioè di 77 casi. Quanto ai malati si è passati ai 255 ai 312, ma contemporaneamente secondo dati forniti dal GOI (il Gruppo Operativo Interforze della Sanità militare) i casi, come appaiono dalla relazione della su citata Commissione di Inchiesta, sempre riferiti al 2007, sarebbero 1991. Dunque una enorme incertezza nella conoscenza del fenomeno. Quanto accade nella “base” sembra assai scarsamente noto al vertice.
Sarebbe perciò importante che le autorità militari a livello superiore svolgessero dei periodi di aggiornamento nelle caserme, “rituffandosi” così in ciò che accade nella base e cogliendo dalla viva voce della “truppa”, senza mediazioni, i problemi che vi si agitano.
Come dice Zaia: “Basta convegni, meglio sporcarsi le scarpe”. Questa è anche la raccomandazione di “Radio scarpa” che è l’unica voce libera del personale militare. Zaia ha organizzato dei “question time contadini”. Domande e risposte dirette. Potremmo farli anche nelle caserme.


Forse così si potrebbe evitare in futuro ciò che è accaduto per l’uranio impoverito. E cioè che il nostro personale si venisse a trovare senza misure di protezione stando, in Somalia e altrove, fianco a fianco con il personale USA che queste norme invece adottava. In fondo non c’è differenza con quanto accadde nell’Epiro dove i nostri soldati avevano le scarpe con le suole di cartone. E quando venne la neve, restarono con i piedi congelati. Le montagne dell’Epiro erano molte lontane da via XX settembre a Roma, non solo fisicamente.

Falco Accame

Presidente Anavafaf

lunedì 23 marzo 2009

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RISARCIMENTI PER I MILITARI AMMALATISI NEI POLIGONI

Nei poligoni come Teulada, Capo Frasca, Decimumannu, Salto di Quirra, in Sardegna impiegati in campo internazionale da operatori militari e civili di terra, mare e cielo, appartenenti a paesi stranieri, debbono essere finalmente riconosciuti i risarcimenti dovuti. Questo vale anche per gli altri poligoni di uso internazionale, come ad esempio nel Lazio quello di Nettuno, in Puglia quello delle Murgie e in Friuli quello del Dandolo.

Da anni l’Anavafaf ha richiesto che tutto il personale che ha operato senza misure di protezione, in particolare il personale che recuperato residuati bellici anche a mani nude (e quindi l’uso di guanti, maschere, tute impermeabili e occhiali) sia risarcito. La recente sentenza del Tribunale Civile di Firenze, in data 17 dicembre 2008, ha previsto un risarcimento di oltre 500.00 euro ad un militare che aveva operato senza misure di protezione. Molti sono i casi di gravi infermità e di morte verificatisi per personale che ha operato in Sardegna, ad esempio i casi Serra, Faedda, Medda, Vargiu, Bonincontro e casi di grave infermità come Cardia, Cappellano, Pisani e altri. In qualche caso, come nei casi Serra e Faedda, nessun risarcimento è stato concesso ai genitori.

Inoltre doveva essere riconosciuto a questi operatori lo status di “vittime del dovere” e i riconoscimenti dovuti a questo status perché hanno operato in un “contesto di impiego internazionale”. Infatti la Legge 13 agosto 1980, N° 466 prevede lo status di “vittime del dovere” agli operatori che hanno subito infermità, in base a quanto stabilito dal paragrafo “f “ della Legge 266 del 23 dicembre 2005 “a causa di azioni recate nei loro confronti, in contesti di impiego internazionale non aventi necessariamente caratteristiche di ostilità”. Per le vittime del dovere sono previsti tra l’altro i seguenti benefici qui riassunti: assegno vitalizio di euro 258 mensili soggetto a perequazione annua, revisione delle percentuali di invalidità riconosciute, esenzione dal pagamento del ticket per ogni prestazione sanitaria, riconoscimento al diritto della assistenza psicologica, beneficio dall’esenzione della imposta di bollo, diritto al collocamento obbligatorio a favore delle vittime, borse di studio esenti da imposizione fiscale, speciale elargizione di euro 200.000 per i superstiti e per i soggetti con invalidità permanente non inferiore all’80%, speciale elargizione di euro 2.000 per punto percentuale di invalidità.

E’ dunque importante che finalmente, dopo che siano state avanzate le richieste da parte degli interessati, si dia corso ai risarcimenti previsti purtroppo ignorati per molti anni.

Falco Accame
Presidente Anavafaf

venerdì 13 marzo 2009

L'ultimo saluto a Giovan Battista

Sono stati celebrati ieri pomeriggio nella chiesa di Neghelli, ad Orbetello (Grosseto), i funerali di Giovan Battista Marica, l'ex militare paracadutista morto per le conseguenze di una presunta contaminazione da uranio impoverito.

Il decesso era avvenuto martedi' scorso dopo un ricovero all'ospedale Santa Chiara di Pisa per complicazioni dovute a un'influenza virale. Il fisico dell'ex para' era ormai debilitato dal linfoma di Hodgkin, che gli avevano diagnosticato quando torno' dalla Somalia, nel 1993, dove si era recato in missione. Ai funerali, officiati dai sacerdoti don Michele Bistazzoni e don Pietro Natali, ha partecipato l'intera comunita' di Orbetello.

In chiesa c'erano la moglie, i genitori e gli amici, ma anche amministratori pubblici e rappresentanti delle forze dell'ordine. Presenti gli avvocati che hanno assistito Giovan Battista Marica nella battaglia legale per ottenere un risarcimento riconosciutogli solo 15 anni dopo, il dicembre scorso, e anche Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, l'associazione nazionale che si occupa delle vittime nelle forze armate. Marica e' stato sepolto nel cimitero di Orbetello accanto al fratello, che era deceduto 10 anni fa.

mercoledì 11 marzo 2009

MORTO PARA' MARICA, AVEVA OTTENUTO MAXI-RISARCIMENTO

ROMA, 10 MAR - E' morto oggi Gianbattista Marica, un ex militare malato di tumore per presunta contaminazione da uranio impoverito: meno di tre mesi fa il Tribunale civile di Firenze gli aveva concesso un maxi-risarcimento, il primo in Italia, di oltre mezzo milione di euro. Lo rende noto Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che da anni si occupa di queste problematiche. ''E' un giorno di grande dolore per la morte del paracadutista avvenuta oggi a Pisa'', afferma Accame. ''Marica si era ammalato di linfoma di Hodgkin durante la missione in Somalia'', dove era stato per 8 mesi, tra il '92 e il '93. '

'Nonostante le richieste di aiuto e di assistenza e le sue gravissime condizioni - denuncia Accame - gli e' sempre stato negato ogni risarcimento. Cio' fino alla sentenza del tribunale di Firenze del 17 dicembre 2008, che gli ha riconosciuto un indennizzo di 545 mila euro a carico del ministero della Difesa per non aver disposto adeguate misure di protezione''. '

'Ma questo indennizzo e' giunto troppo tardi'', continua il presidente dell'Anavafaf, secondo cui se Marica avesse avuto delle disponibilita' finanziarie ''forse l'esito non sarebbe stato quello verificatosi oggi. Viveva con circa 200 euro al mese. E' stato dimenticato come tanti altri che hanno operato senza norme di protezione, mentre i reparti Usa nel '92 nelle zone di combattimento in Somalia, anche a 40 gradi all'ombra, gia' adottavano tute, maschere ed occhiali. Ci sara' oggi qualcuno - conclude Accame - che sentira' il peso delle responsabilita' per quanto e' accaduto?''.

Gianbattista Marica era ricoverato da circa un mese. La notizia del suo decesso e' arrivata ad Orbetello, dove l'uomo viveva con la famiglia, intorno alle 18,30, come conferma Luigi Piro, presidente della Cooperativa La Peschereccia dove Marica lavorava da oltre quattro anni. ''Era un bravo ragazzo e un grande lavoratore - dice Piro - e ha continuato a lavorare anche negli ultimi due anni, quando ha scoperto di essere malato''. A quanto risulta a Piro, che stasera non e' riuscito a parlare con i familiari, l'ex para' era stato ricoverato a Pisa dopo un'influenza che, ''nelle sue condizioni poteva essere una malattia grave, come poi e' stata''. ''Gianbattista ci manchera' molto perche', oltre ad essere simpatico e una persona eccezionale, era anche un ottimo cuoco. Era in attesa di un trapianto di fegato - conclude il presidente della Cooperativa -, ma non ce l'ha fatta e questo e' il rimpianto piu' grosso''.

martedì 3 marzo 2009

Altri casi di possibile contaminazione

Altri sei casi di militari malati o morti per presunta contaminazione da uranio impoverito: li segnala Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che da anni si occupa di questa problematica. In particolare, afferma Accame, un militare della provincia di Salerno che ha operato presso il deposito di Montagna Spaccata (Napoli) e' deceduto per leucemia.

Cinque, invece, i militari malati di varie forme tumorali: in provincia di Caserta, un caporal maggiore di 29 anni, che ha operato in Sardegna e in Kosovo nel 2001; in provincia di Venezia, un alpino che ha operato in Bosnia; in provincia di Aosta, un maresciallo impiegato in Kosovo per un anno dal 2000 al 2001; in provincia di Bari, un maresciallo anch'egli impiegato in Kosovo nel 2001; in provincia di Napoli, un militare impiegato in due missioni in Bosnia. '

'Tutto questo personale - afferma Accame - ha operato senza le misure di protezione rese note in Italia dalla Nato fin dal 1984, costituite da maschere, occhiali, guanti e tute''. Misure che, da una indagine fatta dall'Anavafaf, non sarebbero state adottate per nessuno dei casi conosciuti registratisi ''nelle regioni percentualmente piu' colpite, la Sardegna e la Puglia''.